Le acque dei laghi sono tutelate dal Testo Unico D.lgs. 152/2006 (“Norme in materia ambientale”), che – mantenendo in buona parte le indicazioni della Legge nr. 36 del 05/01/1994 (“Disposizioni in materia di risorse idriche”) – ha permesso di organizzare la gestione del ciclo delle acque, partendo dalla captazione e distribuzione per finire alla restituzione all’ambiente nelle condizioni migliori possibili. I vari passaggi del Sistema Idrico Integrato (S.I.I.) vengono poi gestiti a livello locale e sottoposti a controlli periodici dagli enti pubblici preposti, per verificare la qualità delle acque e la rispondenza ai limiti di legge nazionali per i vari parametri analitici.

Per quanto riguarda gli scarichi relativi a centri urbani al di sotto dei 2.000 abitanti equivalenti (A.E.), le norme che riguardano la gestione sono emanate dalle Regioni. Per cittadine con più di 2.000 A.E. l’applicazione delle normative è nazionale, ma è sottoposta anche al controllo della Commissione Europea, la quale può elevare procedure d’infrazione nel caso di mancata applicazione delle norme. Vi sono varie zone d’Italia (per esempio, l’altamente industrializzata Val Trompia in provincia di Brescia) che ancora oggi non si sono messe a norma con le direttive europee per uno smaltimento corretto dei reflui urbani, causando danni all’ambiente e alla salute dei cittadini, nonché l’attribuzione di multe salate alla nostra Nazione.

Che cosa può contenere un’acqua reflua urbana? Oltre agli scarichi dei wc, sono in genere presenti i detersivi e i disinfettanti usati per le pulizie.
Nel valutare le differenze tra un utilizzo di detergenti classici e i prodotti ecologici nelle fognature e negli impianti di trattamento delle acque reflue, si possono considerare vari parametri fra cui:
la biodegradabilità aerobica (in presenza di ossigeno), la biodegradabilità anaerobica (in assenza di ossigeno, come nelle fognature), la tossicità per i batteri. Le due forme di biodegradazione vengono attuate da tipi di batteri diversi.

Molte sostanze contenute nei detersivi per uso domestico e professionale, sia convenzionali sia taluni ecologici, non sono biodegradabili né da un tipo di batteri né dall’altro. Fra le tante, alcuni esempi: sodium etidronate (HEDP), sodium edetate (EDTA), 2-Bromo-2-Nitropropane-1,3-Diol (Bronopol), carboxymethyl cellulose (CMC), l’ipoclorito di sodio (candeggina o varechina), gli sbiancanti ottici, etc. Queste e altre sono tutte sostanze che si accumulano nell’ambiente in quanto persistenti, ma che sono anche dotate di varie tossicità a lungo termine.

Come funziona un impianto di trattamento di acque reflue? Generalmente è dotato di vasche contenenti i vari tipi di batteri (“fanghi attivi“), ma anche di impianti di trattamento chimico-fisico e di filtri, in grado di trasformare chimicamente e separare, mettendole da parte in forma di fanghi inerti, le sostanze refrattarie al trattamento con fanghi attivi. I fanghi inerti possono essere usati nell’edilizia (ammesso che non rilascino metalli pesanti o altri inquinanti) oppure smaltiti in discariche controllate, oppure ancora inceneriti; questi tipi di smaltimento fra l’altro sono costosi. Invece i fanghi attivi esausti, formati dai batteri biodegradatori, se non hanno assorbito sostanze pericolose possono essere riutilizzati nel compostaggio, abbassando i costi di smaltimento.

Però non tutte le sostanze non biodegradabili vengono trattenute da questi sistemi: le clorammine, per esempio, sono piccole molecole tenaci e sfuggono a qualsiasi trattamento o filtrazione. Si creano dalla reazione della candeggina e di altri disinfettanti a base di cloro (tranne il biossido di cloro) con le molecole proteiche contenute nello sporco e nei microorganismi oggetto di disinfezione e sono cancerogene.

Riassumendo: in presenza di un impianto di trattamento reflui, buona parte delle sostanze viene – se non biodegradata – almeno trattenuta e poi smaltita in qualche altro modo (non necessariamente economico, per una comunità); in assenza di un impianto di depurazione, l’ambiente riceve tutto e fa quel che può, degradando ciò che riesce e subendo ciò che non riesce.

I Criteri con cui sono realizzati i prodotti Bensos sono fatti apposta per garantire la massima qualità delle acque dei laghi e dei corsi d’acqua, sia nel caso di conferimento degli scarichi negli impianti di trattamento, sia nel caso di immissione diretta negli acquiferi.

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