detersivi biodegradabiliNei comuni detersivi e detergenti per il corpo sono presenti molti ingredienti non biodegradabili, oppure lentamente biodegradabili. Sono presenti anche in molti prodotti definiti “ecologici”, in quanto anche sostanze di origine naturale possono non essere biodegradabili; come esempi il sodium etidronate, la CMC (carboxymethyl cellulose), l’hydroxyethyl cellulose. Essendo spesso sostanze attive e talvolta dotate di tossicità a lungo termine, non solo “riempitivi”, il fatto che rimangano nelle acque (fiumi e laghi, acque di falda) o nei sedimenti (fondali di fiumi e laghi, sottosuolo) non va bene, in quanto possono dare problemi alle specie acquatiche oppure all’Uomo, se arrivano sulle nostre tavole con l’acqua potabile o tramite la catena alimentare.

Gli impianti di depurazione civili sono sempre presenti?

Gli impianti di depurazione, che devono rimuovere le sostanze inquinanti dagli scarichi domestici e industriali, lavorano con maggiore efficienza in presenza di sostanze biodegradabili: i batteri presenti nei “fanghi attivi” sono in grado di spaccare le molecole degli inquinanti, trasformandole completamente in piccole molecole del tutto innocue (acqua, azoto, anidride carbonica). Anche nei confronti di molecole non biodegradabili, tuttavia, possono fare qualcosa: possono trattenerle in speciali filtri, che periodicamente vengono rimossi e smaltiti in modo controllato (discariche, inceneritori).

Ma se il depuratore non c’è? In Lombardia, per esempio, l’analisi effettuata dal Consiglio Regionale nel Gennaio 2011 (vedansi le Note Informative sull’Attuazione delle Politiche Regionali – Nr. 17) parla di problematiche maggiori proprio sui servizi fognari, spesso afflitti da perdite che portano a dispersione degli inquinanti nelle acque di falda, e sugli impianti di depurazione, che presentano due aspetti critici: innanzitutto sono lontani dall’essere in quantità sufficiente a coprire tutti gli scarichi; in secondo luogo, parte degli impianti esistenti non è efficiente, ossia non depura bene. I dati ARPA 2015 permisero di capire che fino allora la situazione non era migliorata più di tanto, anzi: rispetto al 55% del periodo precedente, era il 56% dei punti di prelievo di acque sotterranee (falde) a essere in stato “non buono“.
Dal 2017 in poi, l’allora Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (ora Ministero della Transizione Ecologica) ha modificato i criteri di classificazione dello stato chimico delle acque sotterranee, pertanto la qualità dei corpi idrici sotterranei viene calcolata considerando il superamento delle soglie delle singole sostanze (in particolare alcuni solventi clorurati, alcuni pesticidi, i nitrati e alcuni metalli pesanti quali Arsenico e Nickel) per ciascun corpo idrico, non più la percentuale di punti di monitoraggio in cattivo stato. In base a questa nuova classificazione, la Regione Lombardia nel 2020 ha avuto il 57% dei corpi idrici sotterranei in stato “buono”, mentre il restante 43% era in stato “non buono”.
Non è facile capire se questo miglioramento sia reale o da attribuirsi al cambiamento dei criteri di classificazione.

I siti inquinati si possono “ripulire”?

Sicuramente negli anni sono state applicate tecniche di bonifica dei siti inquinati sempre più sofisticate ed efficienti, come testimoniano anche i convegni periodicamente organizzati dal Dipartimento di Ingegneria Sanitaria e Ambientale dell’Università degli Studi di Brescia. Tuttavia sappiamo anche che le bonifiche sono procedimenti molto costosi, oltre al fatto che sono rivolte solo a siti contaminati dalle sostanze più preoccupanti. Le sostanze inquinanti presenti nei detersivi convenzionali sono più subdole, perché meno eclatanti e meno note nella loro azione inquinante; tuttavia anch’esse fanno la loro parte nel contribuire all’inquinamento e ai problemi di salute dei cittadini.

Gli impianti civici di depurazione sono sufficientemente efficienti?

Alle cifre sopra elencate, comunque ancora lontane dagli obiettivi di una tutela efficiente delle acque sotterranee, si aggiungono i dati del 2020 sulla qualità delle acque in uscita dai depuratori: in particolare, ben il 16% degli effluenti dagli impianti di grandi dimensioni (maggiori o uguali a 50.000 AE, abitanti equivalenti) aveva valori di sostanze organiche disciolte più alti dei limiti di legge; per questi parametri i depuratori più piccoli sono andati un po’ meglio.
Discorso a parte va fatto per i valori di Fosforo (P) e Azoto (N) ritrovati nelle varie tipologie di depuratori: nel 2020, gli impianti di grandi dimensioni (>= 50.000 AE) sono andati leggermente meglio per questi parametri, in quanto quelli che hanno “sforato” i limiti sono solo il 12%, mentre fra quelli intermedi (fra i 10.000 e i 50.000 AE) ha “sforato” l’11%. Gli impianti più piccoli (fra 2.000 e 10.000 AE) attirano l’attenzione per una ragione inquietante: quasi il 70% di essi semplicemente non è soggetto all’obbligo di rispettare i limiti per il Fosforo e l’Azoto totale, in quanto non richiesto dal loro regime autorizzativo. Purtroppo è noto che il fosforo, in particolare, è molto difficile da rimuovere dalle acque perché i processi di defosfatazione hanno ancora un’efficienza molto bassa; i processi che rendono di più sono in dotazione agli impianti più grossi, per questioni legate al costo delle apparecchiature e alla professionalità degli operatori che devono gestirle. Gli impianti medio-piccoli rischiano di avere rese di defosfatazione troppo basse, per non parlare dei depuratori piccolissimi (< 10.000 AE) che non devono neppure rendere conto di tali parametri. Dell’elevatissimo potere inquinante di fosforo e derivati abbiamo parlato in questo articolo.

Che cosa fa Bensos per migliorare la situazione

Per tutte queste ragioni Bensos non usa sostanze non biodegradabili, neppure se di origine naturale: questa scelta di campo costituisce, a nostro parere, il modo migliore per evitare che le sostanze – qualsiasi esse siano, buone o cattive – possano accumularsi nell’ambiente.
In più Bensos evita totalmente la presenza di fosforo e suoi derivati nelle sostanze utilizzate come ingredienti e mantiene sotto livelli di sicurezza la presenza di azoto, seguendo per tutti i propri formulati le regole enunciate nei Criteri della certificazione svedese Bra Miljoval (Good Environmental Choice), all’avanguardia rispetto a qualunque altra.
[Bibliografia: sito Arpa Lombardia].

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